martedì 28 agosto 2007

Frammento

Resterò in trance cinque minuti e poi le parole cominceranno a sgorgare. Cominciamo dalle associazioni: analisi cliniche, cornetto e caffè, barbiere e parrucchiere. Squillo, sms, richiamare. Tutte cose quotidiane. Ieri, non so perché, ho sentito il bisogno di riprendermi il mio spazio e, l’altro giorno, di essere un po’ rude. Il telefono e tutti i mezzi di comunicazione a distanza sono una sventura. Anche internet e il computer. Ancora non ci siamo: nessuna parola è come dovrebbe essere: non ci sono sentimenti profondi da comunicare. La potenza espressiva non si sviluppa, non decolla, non diventa pagina che valga la pena leggere. Potrei provare con altri trucchetti: amore, gelosia, mistero, una lunga catena di eventi che poi sfoci in un dramma, ma occorrerebbero tante parole, veramente tante e tutte concatenate in modo da avere uno o più sensi compiuti. Dovrei narrare per linee verticali, orizzontali e trasversali, e ogni parola dovrebbe essere odorosa e saporita. Ambizione, lettori, di cui almeno uno che ti legga e dimentichi di scendere alla fermata del treno e poi imprechi contro di me. Ecco una storia ha fatto capolino nella mia testa. Ma è una ministoria e, poi, a chi vuoi che interessi se qualcuno perde il treno a causa mia.

Dovrei scendere nella miniera della mia storia, ma la mia storia è così povera di metalli, che sarebbe una cattiva impresa. Allora nella storia di un altro o di un’altra, ma anche lì ci vogliono buoni occhi per vedere i particolari che, nella vita, scorrono senza avere particolare importanza e, invece, sul foglio diventano un appassionante rosario di eventi. E poi nelle vite degli altri mi sembrerebbe di rubare.

Oggi non mi sento un ladro, ma mi piacerebbe viaggiare seduto su un foglio di aquilone.

Ecco l’ho detto, non è vero, ma l’ho detto lo stesso.

Nessun foglio, nessun aquilone. Solo una nuotata e una piccola macchia rossa da raggiungere

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