sabato 29 settembre 2007

Omeopatia

So bene che molti amano pensare di potersi curare con l’omeopatia e non sarà certo questo mio post a convincerli del contrario. Tuttavia dal sito del Cicap (www.cicap.it) riporto un piccolo stralcio di un articolo in cui viene descritto il procedimento di produzione di un tipico farmaco omeopatico:
“Il suo tipico procedimento (di Hahnemann, il fondatore della disciplina) consisteva nel prendere una parte della "tintura" iniziale, di solito un estratto idroalcoolico, portarla a 100 parti con acqua, agitare due volte, ottenendo la "prima diluizione centesimale" ( 1CH ). Di questa si prende ancora una parte, la si diluisce a 100 (agitando) ottenendo la seconda centesimale ( 2CH ), e così via fino alla decima, ventesima, trentesima centesimale ( 30CH ), diluizione ancora oggi usatissima. Il numero di volte che si doveva agitare il boccettino (verticalmente!) fu poi standardizzato a 100 "succussioni"
Prosegue l’articolo calcolando il numero di molecole del c.d. principio attivo che dovrebbe trovarsi nel farmaco dopo dieci 12 diluizioni e oltre:
E' facile fare qualche calcolo; consideriamo per semplicità una sostanza con peso molecolare pari a 100 (per es. CaCO3). Un grammo di essa in 100 mL di soluzione, quindi alla 1CH ) contiene 6.022 . 1021 molecole. Una diluizione 2CH conterrà 10-2 grammi e 6.022 . 1019 molecole. Una diluizione 11CH conterrà 10-20 grammi e 6.022 . 10 molecole. Una diluizione 12CH (attenzione!) conterrà 10-22 grammi e 0.6022 molecole. Nei 100 mL non resta nemmeno una molecola. Se ora si continua (fino alla 30C e oltre) si diluirà dell'acqua con altra acqua.”
Si potrebbero fare molti altri discorsi e, se uno vuole credere a una cosa, ci creda pure: se si tratta di fede, non metto lingua e spesso siamo costretti ad ammettere che la fede aiuta (ma possiamo distinguere la fede in una cosa di cui non si può dimostrare né la verità né la falsità, dalla fede in una cosa sicuramente falsa); ma la dimostrazione che il cosiddetto farmaco omeopatico non contiene nemmeno una molecola della sostanza che dovrebbe agire sull’organismo e sulla malattia basta a convincermi della totale inefficacia intrinseca del farmaco (salvi eventuali effetti placebo) e che questi prodotti (prodotti? Acqua fresca?) siano utili solo a chi li produce, a chi li vende e a chi li prescrive.



(Link all'articolo cui ho fatto riferimento)

La pace ed i mostri

Tanti piccoli fiori rossi, in fila, come un pacifico esercito, camminano perché vogliono, perché nessuno può costringerli a star fermi. Ci sono invece quelli che recidono i fiori, li spezzano, vorrebbero farli appassire. A noi arrivano poche notizie, che ci lasciano immobili. Stiamo da un’altra parte del mondo e da qui usiamo solo gli occhi e vediamo poco.
Ottimisti a tutti i costi.
Il rosso è il colore del sangue e invoca giustizia, innanzi tutto. Invoca pace, di conseguenza, perché marciano con le mani nette e senz’armi.
Se penso a chi parla della rivolta dei cosiddetti popoli padani, mi viene da vomitare. A volte la liberà di parola produce anche mostri, ma noi resteremo sempre con mani pulite e disarmate. La nostra mano non si chiuderà a pugno, perché pretendiamo la pace.
La colpa di distruggere e di prendere vite ricada su altri, noi non la vogliamo

mercoledì 26 settembre 2007

L'ultimo post

Un post recente del mio amico Dario (http://dariodangelo.blogspot.com/2007/09/bloggando-blogger-che-muore-non-va-in.html#links) che a sua volta trascriveva un post di MaestroAlberto (http://www.maestroalberto.it/2007/09/17/blogger-che-muore-non-va-in-paradiso/) mi ha fatto venire in mente questo tema dell’ultimo post. Effettivamente se morissi stanotte o domani o, comunque, prima della prossima volta che mi venga voglia di scrivere, questo sarebbe il mio ultimo post. Sarebbe terribile se contenesse errori o grandi cavolate. Dato che penso che la gente legge sempre il primo post che viene presentato o, se è troppo lungo, le prime righe di esso, tutti coloro che arrivassero sul mio blog e leggessero corbellerie o scemenze, per di più, piene di errori e superficialità varie, mi giudicherebbero solo sulla base di esse. Nessuno saprebbe che sono morto e sepolto, nessuno lascerebbe un commento a mo’ di fiore che non marcisce, nessuno giustificherebbe l’estinto (ai morti si perdona sempre gran parte delle colpe) ma tutti penserebbero che lo stupido che scriveva queste pagine, fortunatamente, ha smesso di aggiornarle. Si, allora, da ora in poi considererò importanti gli ultimi post, che nell’ordine di chi legge sono sempre i primi. Magari di tanto in tanto rimetterò in cima alla lista qualche paginetta a cui sono particolarmente affezionato, sperando di avere la fortuna, se devo proprio morire, di lasciare qualcosa di accettabile quale mio necrologio virtuale.

Chiavi negative

Questo blog, stranamente, lo considero anche un diario. Qui mi pare di non aver mai parlato dei miei fatti personali ma allo stesso tempo sono consapevole di avere io e poche altre persone (forse una sola) la chiave per leggerlo in negativo, per le cose non scritte più che per quelle scritte. E’ interessante quando si riesce a mettere dentro le cose più strati e livelli, non necessariamente elevati, ma tutti impregnati di significati. Ieri mi sono reso conto che non posso asciugare il più grande pianto del mondo e, in realtà, per evitare che avvenisse avrei potuto fare ben poco. Comunque mi sento triste anche io e sento tutte le mancanze e tutti gli spifferi che entrano nei vuoti e nelle crepe che rimasti dentro di me. Ci vuole molto coraggio e la riparazione di molti buchi in questa camera d’aria di bicicletta che è l’involucro della mia anima. Ho quarant’anni e, per un verso, la nuova età mi ossessiona, per l’altro, li voglio dimostrare. Ciao

domenica 23 settembre 2007

Sesso divertente

Ho quarant’anni non ho ancora capito se considero il sesso divertente più perché fa godere o perché fa ridere. Io pagherei per vedere come fanno l’amore alcune persone che conosco e penso che, se ci pensate, anche voi lo fareste. Ma non prendetemi per un pervertito. Se penso a come potrebbero essere il mio vicino di casa obeso o il mio collega G. P. mentre consumano i loro rapporti e anche a come potrei essere io visto dall'esterno, mi scappa da ridere e non ci posso far nulla.
E di certo è bizzarro che le persone riescano a fare sesso nei modi più strani e, oltre che con i genitali, anche in altri modi più sottili. Certo, magari alla fine, si finirà a letto, uno tra le gambe dell’altra, ma quel gesto spesso è preceduto e accompagnato da tutta una serie di movimenti, che sono sesso da tutti punti di vista: mi ricordo di alcuni semplici contatti tra gambe e di sguardi e di sorrisi, di telefonate e di sms, molto di più di molti rapporti sessuali. Sono anche certo che tutte queste cose erano eventi che mi eccitavano a livello sessuale senza che me ne rendessi conto e senza volerlo.
Un tizio lava i piatti insieme alla sua ex che è anche la moglie di un altro, un altro massaggia i piedi alla moglie del suo capo. Questi esempi tratti, uno da un telefilm (doctor house) e l’altro da un film di Tarantino (Pulp Fiction) dimostrano come un gesto possa essere considerato tradimento anche se non si tratta di un atto fisico di natura sessuale. Il tradimento è fatto con la testa prima di ogni altra cosa, e questo fa si che siamo tutti estremamente impotenti davanti a questo tragico evento della vita.
Anche la gelosia fa parte del sesso. L'uomo più evoluto e civilizzato ha la sensazione che la donna gli appartenga esclusivamente e in senso "proprietario", nel momento in cui fa l'amore. La donna non vorrebbe mai che l’uomo esercitasse su altre la potenza e il dominio che ha su di lei. Questo almeno penso della gelosia autentica che nasce dall’amore. Poi c’è la gelosia sociale, dell’uomo e della donna. Ma quella è meno divertente e ha molto a che fare con la difesa del proprio io.
Il sesso riguarda anche le persone che vivono una vita di non coppia. Non sempre le relazioni possono formarsi (per timidezza, onestà, mancanza di attrazione sessuale da parte di uno dei due, etc.). Si resta sospesi in un limbo e se lo si fa per molto tempo, nasce una relazione che è di natura sessuale, nella quale si fa sesso nei modi più strani e fantasiosi, pur in assenza di contatto fisico, anche, a prescindere dalla comune volontà dei due. E nella vita di "non coppia" a volte nascono anche gelosie senza relazione e proprio perché non c'è una vera e propria relazione.
Qualcuno può affermare che non ci sia del sesso in tutto ciò e che, vista tutta la situazione con po' di sano sadismo, la cosa non susciti la risata?

giovedì 20 settembre 2007

Sono tornato

e solo per compiere un atto gioioso, nel potermi aggiornare e postare, scrivo venti parole, compreso il titolo.

sabato 15 settembre 2007

Gatti indeterminati e paradossi

Proseguo nel mio interesse a spizzichi e bocconi per la scienza e spero che qualcuno possa trovare spunti di riflessione in questi miei post o che qualcun altro, dopo avermi ricoperto di insulti per la mia ignoranza in materie così lontane le une dalle altre, mi spieghi qualcosa e mi faccia “togliere il vizio” di parlare a vanvera.

Allora andiamo:

Il cretese Epimenide afferma che tutti i cretesi mentono.

Se Epimenede dice il vero allora non è vero che tutti i Cretesi mentono, e l’affermazione contraddice sé stessa, perché Epimenede, il cretese, sta dicendo la verità.

Se Epimenede mente, allora è vero che tutti i cretesi mentono e, anche questa volta, l’affermazione contraddice sé stessa, perché Epimenede sta affermando una verità.

Insomma con la bocca possiamo pronunciare parole che non rispettano il principio di non contraddizione per cui una cosa o è vera o non lo è.

Sarà una sciocchezza, ma io vi trovo un’analogia con il famoso gatto di Schrödinger che è vivo e non è vivo allo stesso tempo finché non apriamo la scatola e la indeterminazione quantistica si risolve in un gatto inferocito dalla cattività o in un gatto morto.



(Riferimento in questo blog, il post meccanica quantistica e vivisezione )

Fanculo John Koenig




Premesse

1. Turi, sotto quel cielo e vicino a quel mari, ci piacevano le storie dell’Opera dei pupi. Orlando e Rinaldo e il Cani di Magonza, storie di tradimenti eroismi e battaglie. E ci piacevano i gialli, con il morto ammazzato e l’ispettore Derrick che sempre alla fine trova il bandolo della matassa.

2. A suo figlio Isidoro, inveci ci piacevano i telefilm di fantascienza: specialmente quella luna vagante di Spazio 1999 e il comandante e la dottoressa e proprio assai assai il pilota di Aquila 1, Alan Carter.

3. Ho voglia di scrivere una cosa sulla fantascienza televisiva che mi piaceva da bambino e mi piace tuttora: Ufo, Spazio 1999, Star Trek . Voglio farle come faccio il caffè, senza essere originale o inventare nulla. Prendo i miei ricordi, li metto nella caffettiera, accendo il fornello, e aspetto che esca. Lo offrirò un po’ in giro e poi starò a vedere la faccia della gente. Magari qualcuno dirà che è buonissimo per educazione e io guardando la faccia amorfa o disgustata, capirò….

4. Io, a quest’ora, dovrei essere un pilota spaziale e con la mia Aquila scorrazzare oltre i confini dello spazio esplorato. Insomma oggi ho trentasette anni e il mio buon numero di avventure spaziali dovrei averlo vissuto. Invece ti svegli la mattina e devi prendere quel catorcio di treno, senza nemmeno aria condizionata, ed andartene a fare l’impiegato terrestre. Non ho nemmeno un braccio bionico per scrivere più velocemente, né posso ancora connettermi al computer con il semplice battito delle ciglia…

Luna, Base Alpha, 28 luglio 2004.

Il mio nome è John Koenig e sono il comandante della base.

Da quasi cinque anni, dal 13 settembre 1999, spinti dall’esplosione delle scorie radioattive viaggiamo nello spazio, ancora pieni di incredulità ed incertezza. Ho l’impressione che una mano ci abbia rubato alla Terra, prendendoci come un uomo può prendere tra l’indice e il pollice un sassolino e ci stia portando lontanissimo da dove siamo nati. Incredulità: non riesco a contare quante leggi fisiche ha violato la luna, allontanandosi dal Sistema Solare, mi sono fatto l’idea che le leggi fisiche che l’umanità aveva studiato per millenni fossero solo un fenomeno locale.

Siamo anche passati attraverso un sole nero e le consuete stelle sono scomparse, sostituite da altre, lontane forse la profondità di una sottile membrana tra due universi, o forse distanze inconcepibili, milioni e milioni di anni luce.

Incertezza: chi conosce il futuro? Nessun mazzo di tarocchi può svelarcelo. Io penso che non esista il futuro, penso che non esista più una storia per noi. La Luna è come un seme, sempre in bilico tra la vita e la morte, una semplice possibilità per la specie umana: avessimo avuto più semi al momento della catastrofe, ci sarebbero state più possibilità.

Nel 1999, avevamo colonizzato gran parte del sistema solare, ma non avevamo fatto ancora nessun incontro con razze aliene, e non avevamo combattuto nessuna battaglia spaziale per difendere la terra o per conquistare nuovi e strani mondi. Fare l’astronauta non era più un mestiere da esploratore e io, comandante della base lunare, mi sentivo spesso solo un piccolo burocrate. Comunque è successo, è accaduto che la mia vita ordinaria, a causa di un evento imprevedibile, è diventata eccezionale. Ho dovuto affrontare mille pericoli e difficoltà e mi sono dovuto inventare capo di un piccolo gruppo di uomini che lotta per la sopravvivenza.

Avevo una moglie e due bambini sulla Terra, ma la catastrofe mi ha obbligato a cancellare dai miei ricordi i loro volti e solo per non perdere ogni traccia del mio passato di terrestre ho graffiato su una parete della mia cabina i nomi dei miei cari. Nessuna foto, nessun sogno di incontrarli di nuovo. Di certo non rivedrò nessuno di loro: i nostri tempi e i nostri universi si sono divisi e scorrono a ritmi diversi. Potrei essere più giovane dei miei pronipoti.

Oggi non siamo in una buona situazione. Abbiamo energia, due centrali nucleari, ma sono in cattive condizioni. Per tenerle in efficienza avremmo bisogno di pezzi di ricambio e di competenze che non abbiamo, per sopravvivere dovremmo diventare più intelligenti, più forti e resistenti alle radiazioni, più capaci di coordinarci e avere una volontà comune che elimini discordie ed egoismi. Cerchiamo di risparmiare energia, ma tra qualche anno, se addirittura non arriverà prima qualche disastro irrimediabile, ci dovremo arrendere e morire. Perché senza energia non ci sarà più ossigeno, calore e luce per la nostra vita e per le colture idroponiche. Mangiamo poco e lavoriamo molto. Possiamo spostarci sulla superficie con i nostri veicoli semoventi e le nostre astronavi in cerca di risorse ma c’è poco carburante e dobbiamo limitarci. Inoltre molti uomini si sono ammalati di cancro a causa delle radiazioni cosmiche. Sto pensando di trasferire il personale sotto la superficie in modo da schermare i raggi cosmici. Ma costruire nuovi spazi abitabili è un’impresa troppo grande per le nostre forze.

I miei compagni sono importanti, la loro vita dipende dalle mie decisioni. La mia vita dipende dal loro impegno e dal loro coraggio. Costruiremo una terra nuova, quando troveremo un pianeta abitabile, se lo troveremo, e cercheremo di fare del nostro meglio per costruire un mondo migliore, ma intanto la lotta quotidiana per la sopravvivenza ci sta abbrutendo. Poca umanità ci resta e quel poco che resta è sempre più difficile conservarla.

Il comando è la mia condanna. Nella mia mente ho ancora gli occhi increduli di Alan, l’amico, il miglior pilota che avevamo, che aveva ucciso un uomo, dopo un banale litigio, per il quale ho ordinato la pena di morte. Le sue ultime parole sono state: “fanculo John Koenig! Chi credi di essere Dio?”. Elen, il medico, e Begman, lo scienziato, mi consolano dicendo che è stato necessario, ma loro hanno potuto permettersi di votare per la vita, mentre il mio voto, il voto decisivo del comandante, è stato per la pena capitale. Non abbiamo risorse per i prigionieri: ho pensato che l’ordine doveva essere mantenuto ad ogni costo, dovevo salvare i miei uomini dal disordine e dall’anarchia e ho pensato e ripensato che non avevamo risorse per i prigionieri. Ma la domanda che mi pongo è questa: il comando mi ha reso un piccolo tiranno?

Mi sento sempre in colpa per quello che faccio. Spesso è contrario a tutti i miei principi di prima. E intanto questo evento del passato è sempre dentro la mia testa. Per quanto tenti di ricacciarlo giù, ad ogni sforzo sento ancora il suo “fanculo” e quello dello spazio interstellare che attraversiamo.

Io non credo di essere Dio, ma voglio vivere, con tutte le mie forze, solo vivere, avere un futuro.

***

Alpja basi di luna, del settimo mese il 29, 2010 anno

Trovato. Attivato capacità di lettura. Lettura frammento diario comandante ero umano. Attivata volontà di narrare. Sospesa simbiosi alieno interiore, letargo annuale alieno interiore. Solo meno alieno. Narrare oggi aiuto solitudine, meno compagnia, meno ospite-compagno.

Viventi, difficoltà mortale superata più. Futuro possibilità continuare vita. Mondo esterno, occhio, orecchio, causata continuazione vita incontro. Pensiero vecchio umano attivare, dormire mangiare, fatica di pensare, fatica di tornare ad essere John Koenig.

Luna, Base Alpha, 30 luglio 2010.

Ho dovuto fare uno sforzo immane ieri per riacquistare il mio io umano, non sempre lo faccio quando l’alieno va in letargo, fatica inutile, è come nascere e morire di nuovo nel giro di settantadue ore. Mi meraviglio però come il mio vecchio stato di coscienza sia facilmente riacquistabile dopo anni passati in stretto legame con l’alieno. E tornano puntualmente i dubbi, l’angoscia, i sensi di colpa, insieme a un senso di vuoto interiore. Certamente si tratta di una blanda crisi di astinenza, da qualche sostanza secreta dall’alieno per mantenere in equilibrio il sistema simbiotico. Stranamente ho desiderato per prima cosa raccontare. Sento molto il peso e la responsabilità di ciò che abbiamo fatto. Barattare la nostra umanità in cambio della sopravvivenza. Il vecchio John Koenig ci avrebbe giudicato, con orrore, dei traditori dell’umanità. Ma io non volevo morire, avevo voglia di rivedere il mare, di sentire l’aria fresca e frizzante di un pianeta ospitale. Quando hai passato anni nello spazio, hai voglia del colore naturale di un fiore nell’aria più del cibo, più di una donna. Forse così ci arriveremo e comunque eravamo quasi tutti e quasi del tutto matti, ormai. Cominciavamo a ucciderci per rabbia o a ucciderci per mantenere l’ordine. Alan non sarebbe morto se avessimo incontrato prima gli alieni, non avrebbe ucciso, non gli sarebbe mancata la lucidità per calmarsi, non gli sarebbero mancati tanto sua moglie e i bambini, né la pesca o i suoi monti. Lo spazio, il vuoto è qualcosa di terribile, niente a che vedere con i naufraghi che, almeno di notte, possono sentire la brezza marina, fresca sulla pelle e il rumore del mare. Noi eravamo naufraghi di un tipo diverso. C’è solo silenzio nello spazio e l’unica voce che senti è la tua voce interiore che continua a ripetere, “fanculo Luna, fanculo stelle, fanculo universo inesplorato”.

Luna, Base Alpha, 31 luglio 2010.

Oggi dopo quasi un anno ho mangiato cibo solido. E’ un privilegio concesso agli umani nel periodo di letargo degli alieni.

Anche i vermi alieni stavano morendo, vagavano nello spazio chiusi in un sasso. Li abbiamo incontrati per caso; la nave aliena, ridotta una carcassa, senza propulsione, vagava nello spazio, seguendo un’orbita a spirale. L’abbiamo agganciata con un’aquila e l’abbiamo appoggiata su una delle piattaforme di lancio della base. I vermi provenivano da un fallimento simbiotico. Prima di noi avevano colonizzato una specie non senziente e tuttavia l’unione aveva avuto scarso successo, e gli organismi colonizzati erano periti in pochissimo tempo. Non mi perderò nei particolari dell’incontro, dell’incertezza sulla possibilità di coscienza di questi esseri, sui primi esperimenti, sul sacrificio di Bergman e sul lungo lavoro di Elena per ottenere un equilibrio stabile. E’ tutto registrato. Voglio solo difendermi. Ho pensato spesso di essere un traditore della mia umanità, ma tutto era perduto e io volevo vivere, e comunque, tra le bellissime stelle noi la nostra umanità l’avremmo perduta e in poco tempo anche la vita.

Io e i miei uomini abbiamo fatto una scelta, il reindirizzamento genetico causato dagli alieni ha potenziato il nostro cervello, ci ha dato una coscienza collettiva comune a umani e alieni. Abbiamo trovato soluzioni e costruito nuove risorse per sopravvivere nello spazio, la nostra resistenza fisica è aumentata, dubbi, perplessità e scoraggiamento sono svanite.

A dire il vero tutti su Alpha pensavamo di morire prima di incontrare gli alieni e ci rendevamo conto sempre più che nessuno può farcela da solo nello spazio. Anche gli alieni avevano sentimenti simili, loro che per milioni di anni si erano annidati nelle carni di specie non senzienti, hanno incontrato noi e anche loro hanno fatto ciò che non avevano fatto prima, unirsi agli umani, dotati di una rudimentale coscienza. Due specie moribonde da sole non avrebbero fatto molta strada. Ora siamo una cosa sola, ma io non la chiamo fusione, la chiamo amicizia.

Luna, Base Alpha, 14 agosto 2018.

Riprendo queste brevi note, che ho voluto scrivere di tanto in tanto nel corso degli anni. Gli alieni sono morti tutti. Gli umani sopravvissuti alla crisi di rigetto sono circa sessanta. In qualche modo la sequenza genetica è stata alterata in modo tale da rendere il corpo umano letale per i nostri amici; l’errore deve essersi verificato tanti anni fa, anche se non abbiamo ancora capito in cosa sia consistito. La crisi di rigetto ha colpito i nostri organismi in modo grave. Gli alieni si sono dimostrati generosi come sempre. Quando hanno capito che noi avevamo qualche possibilità mentre loro non ne avevano nessuna, non hanno esitato ad interrompere la simbiosi e a lasciarsi distruggere dal nostro apparato digerente. Ad ogni modo siamo rimasti in pochi e siamo molto deboli. L’unico fatto positivo è finita in un orbita stabile attorno a un sistema planetario che ospita dei pianeti adati alla vita umana. Un miracolo: forse questo piccolo seme che è la Luna ha trovato una zolla di terra per germogliare. Forse riusciremo ad attrezzare una nave per portarci in questa nuova casa. Forse riusciremo nel giro delle poche generazioni che ci restano, a risolvere il problema della mancanza di varietà genetica. Comunque abbiamo tempo e per ora siamo salvi.

Abbiamo perduto tanto forse addirittura tutto, ma abbiamo fatto un salto fantastico tra pianeti e sistemi di stelle. La solitudine e il gelo dello spazio sono orribili, ma di tanto in tanto abbiamo incontrato qualcuno. Qualcuno ci ha aiutato, noi abbiamo aiutato qualcuno.

Loro che hanno anticipato la loro fine per salvarci, ci saranno di esempio, li ricorderemo sempre con amore.

La salvezza è giunta per vie molto lunghe e complicate, ma ora siamo grati e sereni, siamo ansiosi di ricominciare.

Mi sono ricordato, con molti sforzi, come mi chiamavo sulla Terra, e ho deciso che continuerò a chiamarmi così, per abitudine o per affezione a quello che ero, dopo il distacco dagli alieni.

Dunque mi chiamo John Koenig e sono solo, e sono solo un umano.

venerdì 14 settembre 2007

Aggiornamento su "Lei si droga" e alcune considerazioni sul mio stato psicologico alla data odierna

La storia ha avuto un seguito. Oggi senza che io abbia potuto sapere perché, mi ha chiamato. Era stranamente allegra come quella volta, circa un mese fa, e mi ha raccontato di un piccolo randagio che le è venuto dietro e di strane lezioni di non so che (il mio telefonino è andato fuori campo nel momento in cui mi raccontava di tutte queste attività). Non che non ci fossimo sentiti nel frattempo, ma le altre volte non era in una di queste fasi di felicità patologica. Oggi però mi ha trovato in un momento di nervosismo che dura ormai da qualche giorno e che nasce da una delle mie solite frustrazioni: sono poco incline a sopportare la gente, quando mi rendo conto di non avere il coraggio, la bellezza, la profondità, lo spessore, l’intelligenza per ottenere ciò che voglio. E la sensazione che provo mentre scrivo queste righe di aggiornamento me lo conferma. Sono infastidito da me stesso. La mia allegria è al minimo e la sua aumenta: che invidia! Per quanto riguarda la droga di cui fa uso, sto continuando a fare ipotesi. Penso che si tratti di qualche alga, che usa come ingrediente di qualche intruglio macrobiotico. Sta meglio, è dimagrita. Sono contento di questo, ancora riesco ad esserlo.

Ho fatto del mio meglio per fare battute acide, ma non credo di essere stato in grado di scalfire la sua allegria e la sua gioia di vivere. Tutto va visto con carità (ma la mia carità è latitante) e perciò mi sono ripetuto e mi ripeto che non ho il diritto a farle del male. Sono impressionato però e invidioso. Vorrei anche io essere felice, ma quando penso di capire in quale modo potrei riuscire ad esserlo, mi si annebbia la vista.

giovedì 13 settembre 2007

Affissioni

Mi chiamo Pino Quattrocchi e per mestiere attacco necrologi ai muri. La strada è autopercorrente, sempre quella, con la striscia bianca in mezzo e ogni tanto le strisce pedonali. Lavoro col motorino e spesso sorrido tenendo sottobraccio un fascio di effigi del morto di turno. Di solito il mio lavoro si svolge di notte e comunque è più bello farlo nella solitudine, senza nessun padrone intorno a disturbare il mio pigro senso del dovere.
Adoro questo motorino scoppiettante e veloce, uno dei pochi amici, insieme alla caffettiera, al letto, alla bottiglia e a Carmelo il meccanico. Carmelo è sempre molto gentile con me e me lo dice spesso: - un ragazzetto biondo come te dovrebbe seguire la propria vocazione, dovresti fare di meglio.
Da giovane, una volta ho fatto la domanda per entrare nei carabinieri, però la divisa mi stava troppo grande; ma ho cambiato idea definitivamente quando due carabinieri sfottenti mi sequestrarono il motorino nel settembre del novantatrè. Ho dovuto lavorare per mesi facendo il bracciante in campagna per riaverlo, con i panieri carichi di limoni che sono pesanti quando li porti a sei a sei o a otto a otto, per un’intera giornata. E tutto questo a causa di quei manichini dalla risatina velenosa.
Questo signor Biagio Di Re che è morto, di anni 69, lavoratore instancabile e marito e padre amorevole, lo piangono inconsolabili, la vedova i figli, Matteo e Pietro, e i nipotini, Gianluca, Deborah, Donata e Gian Biagio.
Dietro il necrologio, uno strato di colla, e oltre la colla il muro e oltre il muro, non si sa. Forse c’è il mondo. Dev’essere molto bravo lo scrittore di necrologi, perché con poche parole ha spremuto il succo di tutta la sua vita e il grande dispiacere dei suoi familiari. Il Biagio è fortunato: ha la sua brava carta pressata su uno strato di colla fresca. E sulla carta c’è scritto molto di lui, quasi tutto quello che c’era da dire.
Mi piace andare in giro in questa notte dolce, ora che il lavoro è finito. Potrei andare a casa, ma cammino ancora un altro po’, perché nessuno mi aspetta e non ho nemmeno animali, cani o gatti che mi corrono incontro compiaciuti, al mio arrivo. In effetti, gli animali li detesto e mi spaventano, perché sono diversi da noi uomini e anche diversi tra loro.
Anche le donne mi sembrano molto diverse da noi uomini e molto diverse tra loro. Mi piacciono un po’ di più degli animali però. Mi sono molto dispiaciuto quando nel settembre del novantatrè ne ho investita una con il motorino. Si chiama Paola, Paola Bilardo e mi ha intentato una causa per risarcimento danni che dura ancora. Ho un avvocato bravo a perdere tempo, mentre lei ne ha cambiati tre e ha avuto tre bambini. La lentezza della giustizia propizia la fertilità delle donne, ho capito così e questa cosa non me la posso togliere dalla mente e non me la spiego.
Di tanto in tanto mi ubriaco col mio amico Carmelo, il meccanico, e si parla del motorino, della sua casa che costruisce da anni, un pezzo abusivo alla volta e di donne. A volte ci capita di litigare per cose stupide. Una volta si è offeso perché gli ho detto che non era giusto, come lui aveva fatto, edificare una casa dentro il letto di un torrente secco. Poi gli ho chiesto scusa: un amico è un amico, come un caffè è un caffè. Non stai tutto il giorno con un amico e non prendi continuamente caffè. Lo fai quando ne hai voglia. Quando sei libero, dal lavoro e da tutto il resto.

Meglio il disordine

Secondo E. Abrahamson il disordine conferisce sei vantaggi: una maggiore adattabilità ai cambiamenti ambientali; consente di avere a disposizione un numero maggiore e vario di elementi; aiuta l’armonia e lo scambio con il mondo esterno; permette una maggiore creatività attraverso la sovrapposizione e l'incontro casuale degli oggetti; permette un risparmio di risorse; è più difficile da imitare o da attaccare.
Dallo stesso articolo di Focus da cui ho tratto queste informazioni, apprendo anche che il disordine è un ottimo sistema di archiviazione. E’ una cosa che ho sempre avuto in testa anche se non ne ero perfettamente consapevole: le carte importanti o quelle più urgenti “galleggiano” sulle altre.

Che devo dire? Sono cose che consolano.

mercoledì 12 settembre 2007

Cartesio - L'analisi

"Il secondo, di dividere ognuna delle difficoltà sotto esame nel maggior numero di parti possibile, e per quanto fosse necessario per un'adeguata soluzione."

Di fronte a problemi enormi potrebbe essere un modo di affrontarli antiscoraggiamento. Aggiungerei: e una cosa alla volta...

domenica 9 settembre 2007

Istanza di modifica biblica

Il sottoscritto Cane di Jack, cane da traino e scrittore di post-it e liste della spesa a tempo perso, chiede rispettosamente che venga modificato il seguente passo biblico “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” (1 Cor 13, 13), sostituendo all'ultimo periodo il seguente: "ma di queste la più grande è la speranza"
Il Cane di Jack

....

Si rigetta con la seguente sintetica motivazione: la carità senza la speranza è inutile ed inefficace ma anche innocua. La speranza senza la carità è un più grande pericolo per il genere umano. Per tali motivi, delle tre virtù, la carità resti senz'altro la più grande.
G.

sabato 8 settembre 2007

Verità rivelata

Franco mi stava dicendo quello che pensava dei miei scritti. A suo parere, ero molle, con poche idee, avevo poco stile e niente fantasia. Insomma, nessun editore avrebbe mai pubblicato una riga di tutto quello che avevo scritto, che non era poi tanto.

Eppure c’era stato un giorno in cui avevo pensato di valere qualcosa, perché me lo aveva detto Mirella e pensavo che lei fosse una che se ne intendeva. Aveva scritto diversi libri e ne aveva addirittura pubblicato uno. Era una così, che si innamorava di qualcosa che nessun altro riusciva a vedere. Solo che quando nessun altro riesce a vedere le cose che vedi tu, devi cominciare a pensare di essere pazzo oppure di aver preso un abbaglio

Mentre Franco andava giù implacabile con i suoi giudizi, cominciai a provare una voglia matta di ucciderlo. Non che ne fossi cosciente, solo che avevo i nervi tesi e i pugni stretti e, mentre la mia vista si concentrava sempre di più sui suoi punti molli, con gli occhi della mente cominciavo a vederlo riverso sul pavimento in una pozza di sangue. Si, avrei voluto ucciderlo, ma capivo anche quanto avesse ragione. Che storia era quella in cui un tale dice la verità a uno scrittore fallito e quello lo uccide fisicamente.

Cominciai a pensare allora a tutta una serie di storie, per lo più a carattere diffamatorio e calunnioso, che avrei potuto inventare su Franco. Sapevo che gli piacevano un sacco i bambini e se ne sarebbe stato ore e ore a giocarci. Così, mentre correggeva come una maestrina pedante uno dei miei ultimi scritti, facendo rilevare tutte le sgrammaticature, che, secondo lui, erano contenute nel testo, cominciai a imbastire una storia in cui Franco era un pedofilo e aveva girato dei filmini con i bambini della scuola in cui la compagna faceva l’insegnante. Sarebbe bastato trovare il modo di fare arrivare la notizia ai genitori dei bambini, e di condirla di due o tre particolari scabrosi, anche se inverosimili, e loro ci sarebbero cascati.

Ma mentre ero intento a costruire nella mia testa questa storia della pedofilia, Franco aggiunse che, sicuramente avevo copiato in un mio racconto un brano e anche molto lungo di “cent’anni di solitudine”. Questa cosa mi parve proprio ingiusta. Certamente il mio accusatore era un serial killer. Erano state uccise due prostitute nell’ultimo periodo. Ora, in questi casi, sono quasi certo che siano i protettori che uccidono le prostitute perché si sono ribellate o perché hanno tentato di fregarli. Ma l’idea del serial killer è buona per calunniare una persona. La gente è portata a credere alla storia del mostro della porta accanto, al tipo con la faccia da bravo ragazzo che non invita mai nessuno a cena, perché i suoi pasti sono a base di carne umana. E anche se poi la polizia fa indagini e non scopre niente è più facile pensare che il mostro sia stato così intelligente da cancellare ogni traccia, piuttosto che qualcuno, orribilmente ferito nella propria dignità, abbia messo in giro la storia ad arte solo per distruggere la reputazione di un altro

- Insomma i tuoi personaggi sono piatti e senz’anima. Tutti, nessuno escluso, anche questo Annibale a cui tieni tanto e in cui, in sostanza, tratteggi i caratteri che tu stesso vorresti avere, sono entità informi. Potresti fare la prova e mettere le parole di uno nella bocca di un altro e nessuno se ne accorgerebbe-.

Pensai alla storia di un rapinatore incallito, di un terrorista musulmano che la chirurgia plastica ha reso praticamente identico a Franco, ancora alla storia del pedofilo e del serial killer. Pensai di farne il capo di una banda di rapinatori, crudeli e spietati uccisori di carabinieri e poliziotti, alle peggiori nefandezze. Pensai di dire che aveva del gas nervino nello scantinato, che aveva ucciso la moglie e mangiato il padre. Pensai a tutte queste cose e ad altre ancora.

Alla fine del suo discorso, Franco prese i miei manoscritti e disse – adesso devi fare una scelta: con queste carte ti ci puoi pulire il culo e buttarle nel cesso o buttarle direttamente nel cesso-.

Ero senza forze e non sapevo ancora esattamente cosa avrei dovuto dire o fare. Avevo tutte quelle storie che mi frullavano in testa e tanta, troppa voglia di uccidere. Lo guardai fisso e mi avvicinai a lui. Reggevo il suo sguardo senza fatica, e in un attimo fui consapevole di quello che avrei fatto.

Fu allora che mi misi a piangere.

mercoledì 5 settembre 2007

Noia di una blogosfera

Questa blogosfera è troppo noiosa. Se non fosse un modo facile per avere uno spazio su internet l'abbandonerei subito. Qui la gente si fa troppi complimenti e si prende troppo sul serio. Quasi rimpiango i tempi in cui mi bastava scrivere un post su un newsgroup per ricevere una valanga di insulti. E quasi quasi vado in giro ad offendere qualcuno o, almeno, a sputargli in faccia chiaramente ciò che penso. E questo non per cattiveria, ma perché, finché si è troppo edulcorati, non si conosce nessuno e non si impara niente....

lunedì 3 settembre 2007

Citazioni rubate al Corriere della Sera

Non so perché, ma la meccanica quantistica affascina la mia mente semplice, per le sue implicazioni e per il grande senso di mistero che ispira. Ho rubato queste due citazioni a un bell'articolo del Corriere apparso oggi online:

John Archibald Wheeler, astrofisico Ideatore del concetto e del termine «buchi neri»: «L’universo è nato ed esiste solo perché noi lo osserviamo»
«In base alla fisica quantistica, le proprietà di una particella subatomica come la sua posizione e la sua energia non sono determinabili contemporaneamente, vivono in una nebbia di possibilità finché qualcuno non le misura. La stessa cosa può essere accaduta all’universo. Il cosmo può essersi creato da solo accumulando miliardi e miliardi di interazioni quantistiche? Sì, si potrebbe chiamare genesi quantistica, che esiste solo perché noi la osserviamo. È detta anche genesi da osservatore. Il passato non esiste, è pura teoria. Non ha esistenza se non nelle registrazioni (cioè, misure effettuate da una mente cosciente) del presente. Noi partecipiamo, a livello microscopico, nel creare questo passato, così come il presente e il futuro».

Stephen Hawking (astrofisico, Università di Cambridge) : «È il presente che crea il passato»
«Chiedersi cosa c’era prima del Big Bang è una domanda senza senso. È come chiedersi cosa ci sia più a Sud del Polo Sud. Tutta la storia dell’universo, come noi la conosciamo, dipende dalle nostre osservazioni attuali. Solo le leggi della fisica quantistica sono in grado di descrivere cosa è successo nei primi istanti dopo il Big Bang. E per queste leggi, le osservazioni determinano istantaneamente tuttala storia passata del fenomeno che si osserva. Quindi le osservazioni sul presente dell’universo determinano il suo passato».