Ecco ero partito per fare gli auguri e mi ritrovo ad aver voglia che arrivi subito domattina.
Comunque il 2008 è un numero che mi fa simpatia, spero dia questa buona impressione anche a Voi...
Magari non è corretto e probabilmente non è onesto, perché premetto di non aver letto Wittgeinstein. D’altra parte sarebbe una lettura troppo difficile per il mio ciriveddu. Ma sono andato a cercarmi due citazioni del Tractatus logicus-philosophicus, entrambe ricopiate da un mio vecchio libro di filosofia, che mi sembrano particolarmente dense di significato, anche pratico, per la vita di tutti i giorni:
D’una risposta che non si può formulare non può formularsi neppure la domanda. L’enigma non v’è. Se una domanda può porsi, può pure avere una risposta. Lo scetticismo è non inconfutabile, ma apertamente insensato, se vuol mettere in dubbio ove non si può domandare. Ché dubbio può sussistere solo ove sussiste una domanda; domanda solo ove sussiste una risposta; risposta solo ove qualcosa può essere detto […]. Eppure v’è l’ineffabile. Esso si mostra. E’ il mistico.
E ancora:
Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Tacere quindi non per imposizione o altro evento esterno, ma perché dopo aver riflettuto e pensato, nei limiti della nostra possibilità, siamo arrivati alla conclusione che su certe cose, non ci sono domande e non ci sono neanche risposte.
Qualche tempo fa ho letto un libro di Robert C. Cialdini, intitolato “Le Armi della persuasione (Come e perché si finisce col dire di si)”, pubblicato in Italia dalla Giunti.
Pur essendo stato scritto nel 1984, credo che sia uno di quei libri che vanno “ripassati” di tanto in tanto. Ne consiglierei comunque la lettura a tutti.
Ne riporto un pezzetto tratto dall’ultimo capitolo del libro, tanto per capire cosa vi si legge.
“E tuttavia anche noi abbiamo una capacità limitata e, per una maggiore efficienza, dobbiamo talvolta rinunciare al più elaborato e lungo procedimento decisionale che tiene conto di tutti i dati… Abbiamo esaminato via via alcuni tra i più comuni di questi dati parziali che utilizziamo per decidere in casi del genere…. E’ per questo che ci basiamo tanto sui fattori di contraccambio, coerenza con gli impegni presi, riprova sociale, simpatia, autorità e scarsità, e lo facciamo in maniera così automatica…. E’ tanto più probabile che ci affidiamo a questi segnali isolati quanto non abbiamo la disponibilità, il tempo, l’energia o le risorse per intraprendere un’analisi completa della situazione. Quando siamo in condizioni di fretta, stress, incertezza, indifferenza, distrazione o affaticamento, tendiamo a restringere il nostro campo focale, considerando una parte minore dell’informazione accessibile… ripieghiamo sul metodo, primitivo ma necessario, di prendere per buono un singolo pezzo di informazione”
Tutto ciò diventa tanto più vero nel momento in cui aumentano le fonti di informazioni disponibili, si restringono i tempi che la gente può dedicare alla meditazione e ponderazione delle proprie scelte e, da più parti, con dolo o con colpa, vengono concessi ricchi incentivi “di Stato”, al risparmio energetico diretto all’uso di quella potente macchina, dai consumi eccessivi, che è il cervello.
Il capitolo VI, il più inquietante, del libro di cui ho parlato è dedicato al principio dell’autorità, come strumento di persuasione. Vi si parla dei vantaggi evolutivi che hanno portato questo principio ad essere uno dei principali pilastri su cui si fonda l’organizzazione umana e delle sue potenzialità negative quando esso sia usato in malafede o da millantatori.
Riflettendo, mi pare evidente che quando si è lontani da un fatto o da una situazione, spesso, da un’unica fonte di informazione, traiamo delle conclusioni definitive che, difficilmente, poi vengono rimesse in discussione.
E’ veramente necessario un quotidiano allenamento per verificare l'autorità o l'autorevolezza delle fonti, ma è un compito che va svolto, ogni qualvolta sia possibile, senza nessuna ansia distruttiva, ma anche senza nessuna rassegnazione a farci, singolarmente o collettivamente, prendere in giro.