mercoledì 31 dicembre 2008



La peggior forma di cattiveria che i potenti hanno nei confronti degli umili, dei deboli e degli indifesi è di ucciderli nei loro letti quando meno se lo aspettano, di ferirli o di causare loro pesanti mutilazioni rendendoli ancora più deboli e indifesi, di uccidere i loro figli o i loro cari.
Una forma di cattiveria ancora più raffinata è illudere questa massa di derelitti che la guerra possa significare la soluzione a qualcuno dei loro problemi o la rivalsa nei confronti di qualche ingiustizia o torto ricevuto. Una catena stupida di vendette sembra dipanarsi all'infinito alimentata da persone che nell'odio hanno dimenticato la caratteristica più importante dell'uomo che è l'intelligenza.
Per questo, sul mio blog, questa notte, in cui sono da solo con mia madre e non mi sento obbligato a divertirmi, faccio sventolare la bandiera della pace.
E tra poco, quando berrò il mio bicchiere di spumante insieme a lei ,lo farò augurandomi e augurandovi un anno forse più povero e più duro dal punto di vista materiale, ma anche, senza che vi sia l'ombra della contraddizione in questo, anche più pacifico per favore....

martedì 30 dicembre 2008

In attesa del nuovo anno...



E' un auspicio e un augurio per tutti che tutto l'Universo obbedisca all'Amore. Avrei preferito che la voce di Carmen Consoli si sentisse di più, perchè il mio paisà è un gran musicista e un ottimo paroliere ma la voce di Carmen mi piace di più...

lunedì 22 dicembre 2008

Auguri al Paese

Mi chiedo se sarei potuto nascere altrove. Penso di no. Avevo bisogno di questi gardini di limoni e di questo cielo. Avevo anche bisogno di vedere di tanto in tanto quelle sottili lingue rosse che scendono dalle bocche della nostra montagna. Tu sei una presenza impossibile: dovrei estrometterti ed espellerti ed avere una relazione normale come quelle che si vedono nei telefilm americani; amare una montagna che sputa fuoco, tenere la sua immagine su questa specie di gigantesco comodino che è la mia terra, non ha senso. Tanto lo so che sei di un altro e il fatto di ricordarmelo ogni mattino non mi fa bene. Adesso sto notando di me che sono cresciuto tra le incompiute. Forse per questo mi sono abituato a questa forma mentis. Non mi piace per niente completare le cose. Restano queste strutture, costate molti soldi, lavoro e fatica e io che non riesco a finire mai niente. Ora sono qua davanti al mio computer e ti penso, penso a quella tua strada dritta che hanno chiamato Corso Italia, ti penso come a due occhi sbilenchi, uno più grande e uno cchiu nicareddu, vicino al mare. Da lontano non si vede la sporcizia delle tue strade e il grigiore dei tuoi abitanti. Ma sono convinto che basterebbe sverniciare il grigio ed il nero e subito uscirebbero fuori i colori, che sono di sotto e tutto sembrerebbe subito più luminoso e pulito.
Sei di un altro? Si lo so che sei di un altro e che lui è geloso. Ma rimango lo stesso legato a questo traffico di macchine, a questo pastificio in mezzo al paese, ai massi del lungomare di Riposto, al pigno e alla cerza del panorama della mia infanzia. Lo vuoi capire o no che ti amo? Dovrei anche dirtelo? Si magari un giorno troverò il coraggio e te lo dirò. Intanto ti auguro buon Natale, Stratuni di petra nivura, a tia e a tutti i tuoi cari.
I.

venerdì 5 dicembre 2008

In Memoria

"Repost: già postato il 05/12/2007"

Oggi mi è capitato di leggere questa poesia di Ungaretti.
Voglio postarla perché, intanto mi ricorda i morti che nessuno o quasi ricorda o ricorderà.
Oggi "Moammed Sceab" è mio padre, Bonaventura Salvatore, che è morto esattamente dieci anni fa.
E mi ricorda anche i senza patria: coloro che fuggono dalla terra di nascita e si rifugiano in un posto a cui non appartengono, neanche se si cambiano la pelle o il nome, a coloro che non sanno sciogliere il canto dell'abbandono e che vengono accompagnati al cimitero solo da un amico e da una vecchia signora.

IN MEMORIA.
Locvizza il 30 settembre 1916.

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa.

Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse