giovedì 11 giugno 2009

Alcune cose dall'Abruzzo

Per una minima premessa.
Raramente nella vita capita di fare esattamente ciò che si voleva. A me è capitato di recente, in Abruzzo. Sono tornato che non volevo scriverne, sia perchè mi sembrava un volermi mettere in mostra, sia perchè non sono bravo a parlare solo bene delle esperienze, tacendo sugli aspetti negativi. Ora ho capito: degli aspetti negativi non parlerò perché quando si è una minuscola rotellina in un ingranaggio complicato, è normale che qualche volta si giri a vuoto: in fondo l'importante è essere lì e fare i propri giri.

L'Abruzzo e la vitalità della terra

E' un posto bellissimo dove è presente una verde e montuosa riconciliazione con il creato. I terremoti che noi temiamo e per i quali non facciamo abbastanza per proteggerci, sono una manifestazione della vitalità della Terra. Anche noi siciliani lo sappiamo bene: questa terra viva che si muove, erutta, traballa e, a volte, uccide, noi l'amiamo. L'Abruzzo, il Friuli, la Sicilia, l'Irpinia, l'Umbria e tutte le zone sismiche e vulcaniche della terra non smetteranno mai di essere popolate, anche se nessuno può sognarsi di mettere i fermi al suolo e farlo smettere di muoversi. Dovremmo solo pensare a fare case più solide e resistenti.

Il nostro viaggio per terra e per mare.

Salvo Zappalà mi chiama e mi chiede se sono ancora disponibile. "E certo che lo sono!" Ho comprato un paio di scarponi antinfortunistici lo stesso pomeriggio dopo la scossa. Sarei partito anche a piedi e da solo, se a piedi e da solo fossi stato utile a qualcosa.Ho pensato a tutti quei momenti in cui il mio rapporto con la Croce Rossa non è stato idilliaco, alla notte in cui ho realizzato che stare in centrale operativa a Catania non mi soddisfaceva più e che dovevo fare qualcosa per cambiare; e anche ai diversi momenti in cui ho avuto la tentazione di lasciare l'associazione. La verità è che, se sei da solo, non sai fare e non puoi fare nulla. Invece in Croce Rossa posso fare la mia piccola e umile parte, tra gente che è come me.
Il viaggio è per terra e per mare e si arriva in una bellissima mattinata di sole.

Il primo giorno.

Avremmo tutti una gran voglia di cominciare a lavorare e di vedere la gente. Ma qualcosa si inceppa e gira a vuoto. Perciò quando qualcuno mi chiede se ho i guanti da lavoro, ringrazio il cielo di essermeli messi in tasca prima di partire. Andiamo ad Acciano a montare una tenda, che in realtà non sarà mai montata perchè la dove dovrebbe, non ci va. In attesa che arrivi un altro gazebo più piccolo, facciamo visita a una piccola comunità di sfollati. Un bicchier d'acqua lo accetto volentieri. Una signora cerca da noi rassicurazioni e ci esprime gratitudine, ma non c'è niente da ringraziare. Certo che finiranno le scosse. E penso, ma non lo dico, che da qui a cinquant'anni le case probabilmente crolleranno anche in testa a noi, in Sicilia. Chi ci aiuterà? Qualcuno sicuramente verrà e noi lo ringrazieremo, perché è nella natura degli uomini, in cui malgrado tutto ho fiducia, aiutarsi nei momenti di bisogno.

In cucina

Non ho patenti di Croce Rossa e non so cucinare. Non so fare l'idraulico né l'elettricista. A dire il vero non è che mi sia dato mai da fare a casa sbucciando melanzane o a tagliando zucchine. Devo imparare il più velocemente possibile perchè altrimenti cosa ci sono venuto a fare da queste parti? Maledetti guanti in lattice che mancano della mia misura, ci soffro non poco a portarli così stretti.
Il cuoco è Maurizio, corpulento e bonario militare di Croce Rossa, la cui presenza dà serenità e sicurezza a tutti. Ci sono Lucani e Siciliani insieme a fare da mangiare, a pulire stoviglie e vassoi, a servire a mensa, a impacchettare, alla velocità del suono, pasti per l'esterno. E Francesca, di Roccalumera, continua a stare in cucina dalla mattina alla sera.Lei, malgrado le preoccupazioni di qualcuno, è una donna d'acciaio. Uno grande e grosso, alla Caserma Rossi, mi è capitato di vederlo schiantato al suolo, ma Francesca, Ornella, Loredana, Ivana e le altre, anche quando stanno male, non cadranno mai, semplicemente perchè - lo si deve ammettere - sono di una razza superiore :-)

Il respiro della tenda

Nei dieci giorni in cui ci siamo noi fa un caldo da morire. Di giorno la tenda è invivibile. Entri per prendere qualcosa e devi scappare subito. Di notte non si sta così male. Ho dormito bene cinque o sei ore per notte, tanto da non sentirmi affatto stanco l'indomani. Sono tornato tardi da Acciano, il primo giorno, e quindi non ho potuto, nemmeno timidamente, manifestare la mia preferenza per il posto in basso nel letto a castello. Pazienza. Cercherò di salirci come meglio posso. In maniera abbastanza goffa ci riesco anche. Ma mi capita di sentire subito, palpabile, l'ansia della persona sotto, la cara Ornella. Evidentemente il mio peso ha deformato le molle in modo inquietante e devo aver fatto ondeggiare il castello un pochino troppo, sicuramente di più di una delle tante scosse sismiche che abbiamo sentito, specie i primi giorni. Nei giorni seguenti scoprirò che forse l'ansia della mia vicina di letto era un tantino esagerata, visto che le molle non cedono affatto. Togliamo la mia branda di sopra e la mettiamo a terra. Ad Ornella danno anche fastidio la luce della lampada notturna e il lampeggiare del led di un cellulare: ma per queste cose non posso far nulla.
Ho pensato alle tante persone che vivono nelle tendopoli di sfollati. Dieci giorni non sono tanti se sai di avere una casa vera in cui tornare, ma se non lo sai, sono certo che è durissimo vivere in tenda.
La tenda di notte respira in modo un po' pesante: qualcuno russa ma non è un russare pesante, anzi quasi ritmico che, secondo me, può persino conciliare il sonno. E nella mia tenda ci sono Loredana, Antonio, Roberto, Nello, Francesca, Ornella, Isidoro e Ivana.

Com'è la situazione?

Tutti mi fanno questa domanda e io non so cosa rispondere. Intanto non ho avuto grandi rapporti con la popolazione e non sono uscito così tanto dal campo. Poi non saprei cosa dire. La situazione è che c'è tanta gente che ha perso i propri cari e le proprie case. E non è che dopo due mesi ti passa. Tutti quelli che abbiamo perso qualche persona cara lo sappiamo. Non passerà presto.

Giorni speciali

Sono stati giorni speciali in un posto speciale e con della gente speciale. Siamo tutti pieni di difetti, siamo tutti esseri umani. Non voglio ringraziare i miei colleghi profondendomi in una lunga elencazione delle loro qualità morali e delle loro abilità tecniche. Li voglio ringraziare principalmente e semplicemente perché mi danno speranza e mi motivano a percorrere la strada, molto lunga, che ho da fare per diventare una persona migliore