sabato 15 settembre 2007

Fanculo John Koenig




Premesse

1. Turi, sotto quel cielo e vicino a quel mari, ci piacevano le storie dell’Opera dei pupi. Orlando e Rinaldo e il Cani di Magonza, storie di tradimenti eroismi e battaglie. E ci piacevano i gialli, con il morto ammazzato e l’ispettore Derrick che sempre alla fine trova il bandolo della matassa.

2. A suo figlio Isidoro, inveci ci piacevano i telefilm di fantascienza: specialmente quella luna vagante di Spazio 1999 e il comandante e la dottoressa e proprio assai assai il pilota di Aquila 1, Alan Carter.

3. Ho voglia di scrivere una cosa sulla fantascienza televisiva che mi piaceva da bambino e mi piace tuttora: Ufo, Spazio 1999, Star Trek . Voglio farle come faccio il caffè, senza essere originale o inventare nulla. Prendo i miei ricordi, li metto nella caffettiera, accendo il fornello, e aspetto che esca. Lo offrirò un po’ in giro e poi starò a vedere la faccia della gente. Magari qualcuno dirà che è buonissimo per educazione e io guardando la faccia amorfa o disgustata, capirò….

4. Io, a quest’ora, dovrei essere un pilota spaziale e con la mia Aquila scorrazzare oltre i confini dello spazio esplorato. Insomma oggi ho trentasette anni e il mio buon numero di avventure spaziali dovrei averlo vissuto. Invece ti svegli la mattina e devi prendere quel catorcio di treno, senza nemmeno aria condizionata, ed andartene a fare l’impiegato terrestre. Non ho nemmeno un braccio bionico per scrivere più velocemente, né posso ancora connettermi al computer con il semplice battito delle ciglia…

Luna, Base Alpha, 28 luglio 2004.

Il mio nome è John Koenig e sono il comandante della base.

Da quasi cinque anni, dal 13 settembre 1999, spinti dall’esplosione delle scorie radioattive viaggiamo nello spazio, ancora pieni di incredulità ed incertezza. Ho l’impressione che una mano ci abbia rubato alla Terra, prendendoci come un uomo può prendere tra l’indice e il pollice un sassolino e ci stia portando lontanissimo da dove siamo nati. Incredulità: non riesco a contare quante leggi fisiche ha violato la luna, allontanandosi dal Sistema Solare, mi sono fatto l’idea che le leggi fisiche che l’umanità aveva studiato per millenni fossero solo un fenomeno locale.

Siamo anche passati attraverso un sole nero e le consuete stelle sono scomparse, sostituite da altre, lontane forse la profondità di una sottile membrana tra due universi, o forse distanze inconcepibili, milioni e milioni di anni luce.

Incertezza: chi conosce il futuro? Nessun mazzo di tarocchi può svelarcelo. Io penso che non esista il futuro, penso che non esista più una storia per noi. La Luna è come un seme, sempre in bilico tra la vita e la morte, una semplice possibilità per la specie umana: avessimo avuto più semi al momento della catastrofe, ci sarebbero state più possibilità.

Nel 1999, avevamo colonizzato gran parte del sistema solare, ma non avevamo fatto ancora nessun incontro con razze aliene, e non avevamo combattuto nessuna battaglia spaziale per difendere la terra o per conquistare nuovi e strani mondi. Fare l’astronauta non era più un mestiere da esploratore e io, comandante della base lunare, mi sentivo spesso solo un piccolo burocrate. Comunque è successo, è accaduto che la mia vita ordinaria, a causa di un evento imprevedibile, è diventata eccezionale. Ho dovuto affrontare mille pericoli e difficoltà e mi sono dovuto inventare capo di un piccolo gruppo di uomini che lotta per la sopravvivenza.

Avevo una moglie e due bambini sulla Terra, ma la catastrofe mi ha obbligato a cancellare dai miei ricordi i loro volti e solo per non perdere ogni traccia del mio passato di terrestre ho graffiato su una parete della mia cabina i nomi dei miei cari. Nessuna foto, nessun sogno di incontrarli di nuovo. Di certo non rivedrò nessuno di loro: i nostri tempi e i nostri universi si sono divisi e scorrono a ritmi diversi. Potrei essere più giovane dei miei pronipoti.

Oggi non siamo in una buona situazione. Abbiamo energia, due centrali nucleari, ma sono in cattive condizioni. Per tenerle in efficienza avremmo bisogno di pezzi di ricambio e di competenze che non abbiamo, per sopravvivere dovremmo diventare più intelligenti, più forti e resistenti alle radiazioni, più capaci di coordinarci e avere una volontà comune che elimini discordie ed egoismi. Cerchiamo di risparmiare energia, ma tra qualche anno, se addirittura non arriverà prima qualche disastro irrimediabile, ci dovremo arrendere e morire. Perché senza energia non ci sarà più ossigeno, calore e luce per la nostra vita e per le colture idroponiche. Mangiamo poco e lavoriamo molto. Possiamo spostarci sulla superficie con i nostri veicoli semoventi e le nostre astronavi in cerca di risorse ma c’è poco carburante e dobbiamo limitarci. Inoltre molti uomini si sono ammalati di cancro a causa delle radiazioni cosmiche. Sto pensando di trasferire il personale sotto la superficie in modo da schermare i raggi cosmici. Ma costruire nuovi spazi abitabili è un’impresa troppo grande per le nostre forze.

I miei compagni sono importanti, la loro vita dipende dalle mie decisioni. La mia vita dipende dal loro impegno e dal loro coraggio. Costruiremo una terra nuova, quando troveremo un pianeta abitabile, se lo troveremo, e cercheremo di fare del nostro meglio per costruire un mondo migliore, ma intanto la lotta quotidiana per la sopravvivenza ci sta abbrutendo. Poca umanità ci resta e quel poco che resta è sempre più difficile conservarla.

Il comando è la mia condanna. Nella mia mente ho ancora gli occhi increduli di Alan, l’amico, il miglior pilota che avevamo, che aveva ucciso un uomo, dopo un banale litigio, per il quale ho ordinato la pena di morte. Le sue ultime parole sono state: “fanculo John Koenig! Chi credi di essere Dio?”. Elen, il medico, e Begman, lo scienziato, mi consolano dicendo che è stato necessario, ma loro hanno potuto permettersi di votare per la vita, mentre il mio voto, il voto decisivo del comandante, è stato per la pena capitale. Non abbiamo risorse per i prigionieri: ho pensato che l’ordine doveva essere mantenuto ad ogni costo, dovevo salvare i miei uomini dal disordine e dall’anarchia e ho pensato e ripensato che non avevamo risorse per i prigionieri. Ma la domanda che mi pongo è questa: il comando mi ha reso un piccolo tiranno?

Mi sento sempre in colpa per quello che faccio. Spesso è contrario a tutti i miei principi di prima. E intanto questo evento del passato è sempre dentro la mia testa. Per quanto tenti di ricacciarlo giù, ad ogni sforzo sento ancora il suo “fanculo” e quello dello spazio interstellare che attraversiamo.

Io non credo di essere Dio, ma voglio vivere, con tutte le mie forze, solo vivere, avere un futuro.

***

Alpja basi di luna, del settimo mese il 29, 2010 anno

Trovato. Attivato capacità di lettura. Lettura frammento diario comandante ero umano. Attivata volontà di narrare. Sospesa simbiosi alieno interiore, letargo annuale alieno interiore. Solo meno alieno. Narrare oggi aiuto solitudine, meno compagnia, meno ospite-compagno.

Viventi, difficoltà mortale superata più. Futuro possibilità continuare vita. Mondo esterno, occhio, orecchio, causata continuazione vita incontro. Pensiero vecchio umano attivare, dormire mangiare, fatica di pensare, fatica di tornare ad essere John Koenig.

Luna, Base Alpha, 30 luglio 2010.

Ho dovuto fare uno sforzo immane ieri per riacquistare il mio io umano, non sempre lo faccio quando l’alieno va in letargo, fatica inutile, è come nascere e morire di nuovo nel giro di settantadue ore. Mi meraviglio però come il mio vecchio stato di coscienza sia facilmente riacquistabile dopo anni passati in stretto legame con l’alieno. E tornano puntualmente i dubbi, l’angoscia, i sensi di colpa, insieme a un senso di vuoto interiore. Certamente si tratta di una blanda crisi di astinenza, da qualche sostanza secreta dall’alieno per mantenere in equilibrio il sistema simbiotico. Stranamente ho desiderato per prima cosa raccontare. Sento molto il peso e la responsabilità di ciò che abbiamo fatto. Barattare la nostra umanità in cambio della sopravvivenza. Il vecchio John Koenig ci avrebbe giudicato, con orrore, dei traditori dell’umanità. Ma io non volevo morire, avevo voglia di rivedere il mare, di sentire l’aria fresca e frizzante di un pianeta ospitale. Quando hai passato anni nello spazio, hai voglia del colore naturale di un fiore nell’aria più del cibo, più di una donna. Forse così ci arriveremo e comunque eravamo quasi tutti e quasi del tutto matti, ormai. Cominciavamo a ucciderci per rabbia o a ucciderci per mantenere l’ordine. Alan non sarebbe morto se avessimo incontrato prima gli alieni, non avrebbe ucciso, non gli sarebbe mancata la lucidità per calmarsi, non gli sarebbero mancati tanto sua moglie e i bambini, né la pesca o i suoi monti. Lo spazio, il vuoto è qualcosa di terribile, niente a che vedere con i naufraghi che, almeno di notte, possono sentire la brezza marina, fresca sulla pelle e il rumore del mare. Noi eravamo naufraghi di un tipo diverso. C’è solo silenzio nello spazio e l’unica voce che senti è la tua voce interiore che continua a ripetere, “fanculo Luna, fanculo stelle, fanculo universo inesplorato”.

Luna, Base Alpha, 31 luglio 2010.

Oggi dopo quasi un anno ho mangiato cibo solido. E’ un privilegio concesso agli umani nel periodo di letargo degli alieni.

Anche i vermi alieni stavano morendo, vagavano nello spazio chiusi in un sasso. Li abbiamo incontrati per caso; la nave aliena, ridotta una carcassa, senza propulsione, vagava nello spazio, seguendo un’orbita a spirale. L’abbiamo agganciata con un’aquila e l’abbiamo appoggiata su una delle piattaforme di lancio della base. I vermi provenivano da un fallimento simbiotico. Prima di noi avevano colonizzato una specie non senziente e tuttavia l’unione aveva avuto scarso successo, e gli organismi colonizzati erano periti in pochissimo tempo. Non mi perderò nei particolari dell’incontro, dell’incertezza sulla possibilità di coscienza di questi esseri, sui primi esperimenti, sul sacrificio di Bergman e sul lungo lavoro di Elena per ottenere un equilibrio stabile. E’ tutto registrato. Voglio solo difendermi. Ho pensato spesso di essere un traditore della mia umanità, ma tutto era perduto e io volevo vivere, e comunque, tra le bellissime stelle noi la nostra umanità l’avremmo perduta e in poco tempo anche la vita.

Io e i miei uomini abbiamo fatto una scelta, il reindirizzamento genetico causato dagli alieni ha potenziato il nostro cervello, ci ha dato una coscienza collettiva comune a umani e alieni. Abbiamo trovato soluzioni e costruito nuove risorse per sopravvivere nello spazio, la nostra resistenza fisica è aumentata, dubbi, perplessità e scoraggiamento sono svanite.

A dire il vero tutti su Alpha pensavamo di morire prima di incontrare gli alieni e ci rendevamo conto sempre più che nessuno può farcela da solo nello spazio. Anche gli alieni avevano sentimenti simili, loro che per milioni di anni si erano annidati nelle carni di specie non senzienti, hanno incontrato noi e anche loro hanno fatto ciò che non avevano fatto prima, unirsi agli umani, dotati di una rudimentale coscienza. Due specie moribonde da sole non avrebbero fatto molta strada. Ora siamo una cosa sola, ma io non la chiamo fusione, la chiamo amicizia.

Luna, Base Alpha, 14 agosto 2018.

Riprendo queste brevi note, che ho voluto scrivere di tanto in tanto nel corso degli anni. Gli alieni sono morti tutti. Gli umani sopravvissuti alla crisi di rigetto sono circa sessanta. In qualche modo la sequenza genetica è stata alterata in modo tale da rendere il corpo umano letale per i nostri amici; l’errore deve essersi verificato tanti anni fa, anche se non abbiamo ancora capito in cosa sia consistito. La crisi di rigetto ha colpito i nostri organismi in modo grave. Gli alieni si sono dimostrati generosi come sempre. Quando hanno capito che noi avevamo qualche possibilità mentre loro non ne avevano nessuna, non hanno esitato ad interrompere la simbiosi e a lasciarsi distruggere dal nostro apparato digerente. Ad ogni modo siamo rimasti in pochi e siamo molto deboli. L’unico fatto positivo è finita in un orbita stabile attorno a un sistema planetario che ospita dei pianeti adati alla vita umana. Un miracolo: forse questo piccolo seme che è la Luna ha trovato una zolla di terra per germogliare. Forse riusciremo ad attrezzare una nave per portarci in questa nuova casa. Forse riusciremo nel giro delle poche generazioni che ci restano, a risolvere il problema della mancanza di varietà genetica. Comunque abbiamo tempo e per ora siamo salvi.

Abbiamo perduto tanto forse addirittura tutto, ma abbiamo fatto un salto fantastico tra pianeti e sistemi di stelle. La solitudine e il gelo dello spazio sono orribili, ma di tanto in tanto abbiamo incontrato qualcuno. Qualcuno ci ha aiutato, noi abbiamo aiutato qualcuno.

Loro che hanno anticipato la loro fine per salvarci, ci saranno di esempio, li ricorderemo sempre con amore.

La salvezza è giunta per vie molto lunghe e complicate, ma ora siamo grati e sereni, siamo ansiosi di ricominciare.

Mi sono ricordato, con molti sforzi, come mi chiamavo sulla Terra, e ho deciso che continuerò a chiamarmi così, per abitudine o per affezione a quello che ero, dopo il distacco dagli alieni.

Dunque mi chiamo John Koenig e sono solo, e sono solo un umano.

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