giovedì 13 settembre 2007

Affissioni

Mi chiamo Pino Quattrocchi e per mestiere attacco necrologi ai muri. La strada è autopercorrente, sempre quella, con la striscia bianca in mezzo e ogni tanto le strisce pedonali. Lavoro col motorino e spesso sorrido tenendo sottobraccio un fascio di effigi del morto di turno. Di solito il mio lavoro si svolge di notte e comunque è più bello farlo nella solitudine, senza nessun padrone intorno a disturbare il mio pigro senso del dovere.
Adoro questo motorino scoppiettante e veloce, uno dei pochi amici, insieme alla caffettiera, al letto, alla bottiglia e a Carmelo il meccanico. Carmelo è sempre molto gentile con me e me lo dice spesso: - un ragazzetto biondo come te dovrebbe seguire la propria vocazione, dovresti fare di meglio.
Da giovane, una volta ho fatto la domanda per entrare nei carabinieri, però la divisa mi stava troppo grande; ma ho cambiato idea definitivamente quando due carabinieri sfottenti mi sequestrarono il motorino nel settembre del novantatrè. Ho dovuto lavorare per mesi facendo il bracciante in campagna per riaverlo, con i panieri carichi di limoni che sono pesanti quando li porti a sei a sei o a otto a otto, per un’intera giornata. E tutto questo a causa di quei manichini dalla risatina velenosa.
Questo signor Biagio Di Re che è morto, di anni 69, lavoratore instancabile e marito e padre amorevole, lo piangono inconsolabili, la vedova i figli, Matteo e Pietro, e i nipotini, Gianluca, Deborah, Donata e Gian Biagio.
Dietro il necrologio, uno strato di colla, e oltre la colla il muro e oltre il muro, non si sa. Forse c’è il mondo. Dev’essere molto bravo lo scrittore di necrologi, perché con poche parole ha spremuto il succo di tutta la sua vita e il grande dispiacere dei suoi familiari. Il Biagio è fortunato: ha la sua brava carta pressata su uno strato di colla fresca. E sulla carta c’è scritto molto di lui, quasi tutto quello che c’era da dire.
Mi piace andare in giro in questa notte dolce, ora che il lavoro è finito. Potrei andare a casa, ma cammino ancora un altro po’, perché nessuno mi aspetta e non ho nemmeno animali, cani o gatti che mi corrono incontro compiaciuti, al mio arrivo. In effetti, gli animali li detesto e mi spaventano, perché sono diversi da noi uomini e anche diversi tra loro.
Anche le donne mi sembrano molto diverse da noi uomini e molto diverse tra loro. Mi piacciono un po’ di più degli animali però. Mi sono molto dispiaciuto quando nel settembre del novantatrè ne ho investita una con il motorino. Si chiama Paola, Paola Bilardo e mi ha intentato una causa per risarcimento danni che dura ancora. Ho un avvocato bravo a perdere tempo, mentre lei ne ha cambiati tre e ha avuto tre bambini. La lentezza della giustizia propizia la fertilità delle donne, ho capito così e questa cosa non me la posso togliere dalla mente e non me la spiego.
Di tanto in tanto mi ubriaco col mio amico Carmelo, il meccanico, e si parla del motorino, della sua casa che costruisce da anni, un pezzo abusivo alla volta e di donne. A volte ci capita di litigare per cose stupide. Una volta si è offeso perché gli ho detto che non era giusto, come lui aveva fatto, edificare una casa dentro il letto di un torrente secco. Poi gli ho chiesto scusa: un amico è un amico, come un caffè è un caffè. Non stai tutto il giorno con un amico e non prendi continuamente caffè. Lo fai quando ne hai voglia. Quando sei libero, dal lavoro e da tutto il resto.

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