martedì 7 agosto 2007

Storia d'amore tra un sogno e una donna meccanica

Un giorno successe che un Sogno capitò nella terra degli uomini meccanici. Fu per curiosità o inquietudine che il Sogno, che non era sogno di alcuno o forse di alcuno era stato, assunse immagine e consistenza umane e si presentò con la forma di creatura incarnata agli abitanti di quel posto.
Il paese era molto bello: tutto funzionava splendidamente e le case erano pulite, tutte le finestre lavate, tutte le file ordinate. Gli uomini meccanici ignoravano il concetto di ritardo. Ignoravano cosa fossero egoismo, odio e prevaricazione.
Il Sogno scoprì presto che la diceria che gli uomini meccanici fossero freddi e poco fantasiosi era del tutto falsa. V’erano delle belle forme architettoniche negli edifici e gli interni delle case erano confortevoli e gradevoli anche dal punto di vista estetico. Anche gli uomini e le donne avevano un buon aspetto: linee progettate con armonia, volti ben disegnati che ispiravano fiducia e simpatia. Tutti gli uomini meccanici erano gentili e ospitali col Sogno e si prodigavano per farlo sentire a suo agio; così egli decise di fermarsi tra loro per qualche tempo.
Venne la sera e il Sogno cominciò a stancarsi di quella innaturale forma umana. Così, accomiatatosi dai nuovi amici, tornò ad essere sé stesso. I suoi contorni divennero a poco a poco indefiniti e si sentì bene e rilassato; si dimenticò di essere una delle cose di quel mondo e divenne un po’ di tutte le cose. Volle tenere per sé un briciolo di coscienza per godere ancora un po’ dell’osservazione e della conoscenza degli uomini meccanici. Invisibile a tutti, non si sentiva affatto indiscreto, perché il Sogno per sua natura vive dentro la testa della gente, e anche quando si stacca e assume vita autonoma, conserva non poco di questo suo carattere.
Fu così che il Sogno incontrò la donna meccanica e, all'istante, capì di amarla.
Lei era sveglia, ancora sveglia in quell’ora in cui tutti i suoi simili con naturale regolarità dormivano. La donna aveva un difetto di fabbrica che non era stato possibile riparare. In quel mondo dove tutto funzionava perfettamente lei costituiva un’eccezione, un’oscena diversità che aveva fatto scervellare i più bravi ingegneri e aveva provocato un po’ di tristezza in quel posto sempre tanto sereno e ben funzionante.
Gli uomini meccanici non avevano parlato al Sogno dell’imperfetta creatura. Non per vergogna ma perché, come i ritardi e gli errori, le imperfezioni erano estranee alla loro mentalità. Riuscivano certo ad afferrarne il concetto ma non ad incorporarne il senso. Preferivano evitare l'idea. Non dimenticavano certo l’esistenza di quell’unico malfunzionamento ma piuttosto si scordavano di parlarne e di formulare pensieri sul fatto.
Il Sogno invece considerava i malfunzionamenti come parte integrante della sua struttura profonda. Egli era arrotolato, incapace di trovare il suo inizio o la sua fine. Spesso il tempo si confondeva, confluiva in anse, si spandeva in rivoli. Nemmeno il Sogno capiva bene il senso di un difetto, di un ritardo o di malfunzionamento. Egli non aveva parti funzionanti, ma cangianti. Colori mutevoli. Nevicate sotto il sole. Uomini volanti dipinti d’azzurro. Gli uomini meccanici erano simpatici ma totalmente diversi da lui, tranne quell’unica difettosa eccezione, con bei capelli di paglia su quel dolce viso di plastica, occhi di vetro grandi profondi ed espressivi, belli come solo quelli di donne di carne rarissimamente riescono ad essere.
La donna meccanica era addolorata, seduta. Conteneva tra le rotelle del suo cervello a ingranaggi la conoscenza di milioni di libri ma non comprendeva ancora il suo difetto di fabbrica. Era piccola, come una spina nella carne, la sua imperfezione ma le provocava molto dolore. Le impediva anche il sonno, ma non si sapeva dov’era né come guarirla.
Il Sogno decise di manifestare la sua forma umana e la donna meccanica sorrise a vederlo e fu ricambiata del sorriso. Essi si intesero all’istante e capirono di avere la possibilità unica e rara di guarirsi e ripararsi a vicenda. Il Sogno senza logica e senza ragionamento si tuffò nella donna e in lei si avviarono meccanismi e si azionarono gradevoli ronzii di correnti elettriche. Una nuova onda portante, uno spruzzo di acqua di mare.
L’amore onirico-meccanico fu come la guarigione di un uomo bizzarro che non sa uscire dalla sua malattia, se non in modo originale e imprevisto. Come i fuochi di artificio, come l'ultima bomba che esplode.
E tutti videro che di fronte al vero amore non c’è bisogno di tempo, né di paura o di prudenza o altro calcolo astrologico o matematico che il vero amore avrebbero ritardato e ucciso.
Il vero Amore dura tuttora ed entrambi si amano ancora e vivono nel paese popolato dagli uomini dai dodici cuori. C’è un bel clima e tutti quei battiti di cuore fanno una gran musica.
La Donna meccanica ha un po’ di nostalgia del perfetto funzionamento del suo luogo natio, ma nella sua nuova casa, insieme al Sogno, non ha più provato dolore.

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