venerdì 10 agosto 2007

Alla mia Caterina (qualche anno fa)

L’ultima telefonata… è avvenuto, si è svolto, abbiamo parlato. Tu sei andata in Sardegna, io credo, con lui.

Il mio problema è che mi muovevo come uno troppo piccolo, oppure che ho penato tanto per vederti andare via. Il mio è un problema matematico. Sai, è un sistema autoreferenziale che non riesce a concludersi e o a decidersi; oppure un problema fisico: un gatto minacciato da una rivoltella, collegata a una particella che decade e non decade e lo fa in una sottilmente indeterminata ironia quantistica.

Io che per pensare rettamente dovrei saper calcolare il sentimento che ti suscita la luna e non considerarla solo un sasso bitorzoluto, forse calpestato da astronauti e comunque governato da quella stessa legge di gravitazione che ci tiene strettamente alla terra. Tu parlavi di bellezza. E questo discorso non mi sembrava molto in contraddizione con la mia meraviglia e stupore per il moto dei corpi celesti. Solo che non ti interessava. Solo che io ugualmente rimango affascinato dai tuoi occhi e da come tutto il mondo srotolato non ricade su sé stesso.

E della tua voce colorata di verde e blu notte conservo un ricordo che va affievolendosi a livello cosciente ma si incarna in sempre nuova disperazione in quanto cerco cerco e continuo a cercare, ma trovo solo geometrie costruite da uomini e simmetrie di corpi anonimi estranei. La strada, i ciottoli, il culo delle donne che non amerò mai…

Ho l’impressione di aver arredato la tua vita, certo a un livello più alto, eppure non vorrei attribuirti banali considerazioni su utensili e mobili.

Ora comunque ho imparato che l’attrazione è una forza inerte e che gli uomini di sesso opposto o uguale debbano in qualche modo assumere la posizione, come in una specie di kamasutra sentimentale che ricalca e rimescola ancestrali prove di forza.

Credo che saper fare l’amore e quel che più conta farselo piacere sia un fatto che ha a che vedere con la matematica. Certo si può contare mentre si fa l’amore. Uno due tre (fortunato chi ci riesce). E tutti i piccoli gesti come le carezze e i sospiri possono essere contati e numerati e poi anche archiviati. E anche quando ti penetro in qualche modo devo contare per non lasciarmi andare, il che visto che tu mi lasci così, così sarebbe stato gravissimo.

Io l’ultima volta mi ricordo di aver contato i tuoi occhi. Erano due come al solito. E ho anche misurato gli angoli. Certo credo non fossero perpendicolari ai miei …

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