domenica 19 agosto 2007

L'onda

Il pomeriggio era arrivato da un po’ e se ne stava quasi andando. La terra vibrava sotto l’oceano mentre si formava una piccola impercettibile onda nell’acqua. L’onda è una forma di niente in movimento. A volte viene cavalcata dal mare, a volte dall’aria. Può accadere che si formino suoni; raramente, da noi, si formano musica o parole.
Ma quell’onda di mare, che neanche si vedeva, sarebbe diventata molto grande quel giorno.
Marta uscì dal suo appartamento. Discese le due rampe della scala condominiale. Pigiò un bottone e sentì il solito scatto. Tirò la grande porta con tutta la sua forza finché non fu aperta. L’acqua del mare, che nel frattempo stava inondando la città, penetrò nell’atrio del vecchio palazzo trascinandola con sé verso l’interno.
Marta pesava poco, un fuscello in mezzo all’onda che conquistava la città, ma da quel giorno prese coscienza della propria magrezza e decise che avrebbe dovuto alimentarsi di più. Notizia certa che adesso è in cura da uno psicoterapeuta di scuola freudiana per curare la propria anoressia. Altro non so.
In quello stesso identico istante Fabio correva che più forte non poteva sotto un sole ancora abbastanza ardente e ricco di raggi, producendo suoni sordi e quasi impercettibili con le sue scarpe da jogging. Stava per fare il suo terzo giro di pista, quando l’onda lo afferrò alle spalle e lo spinse in avanti. Ebbe prima l’impressione di essere diventato molto più leggero e poi quella che il mondo gli pesasse sulle spalle. Fabio era un bel ragazzo con le spalle larghe e muscoloso. Pesava ottantadue chili ed era alto uno e ottanta. Nessuno lo ha più rivisto da quel giorno, ma è certo che nel frattempo ha telefonato per tre volte alla madre, dicendole di stare bene e di non volere essere cercato.
Concetta stava andando al supermercato. Aveva poche cose da comprare perché stava da sola e quella sera il suo amante, padre di famiglia, con un bambino di sei mesi e una cagnetta di dieci anni, non sarebbe andato a trovarla. Doveva comprare due fette di prosciutto, un panino e un insalata confezionata, perché aveva dei dischi nuovi appena comprati e li voleva ascoltare in pace. Voleva a tutti i costi evitare di pensare di essere rimasta sola quella sera, o di aver tradito sé stessa, i suoi principi e la sua fede di prima. Insomma l’onda la prese con la mente pesante di sensi di colpa a stento repressi o addirittura nascosti. Concetta era alta e aveva il seno prosperoso. Dal seno in giù era abbastanza magra. Aveva il naso leggermente aquilino e deviato a sinistra, ma nel complesso aveva un viso caldo e piacente. Mi hanno raccontato che l’onda le prese la vita e le deturpò il naso.
Quando l’onda arrivò sulla città, Maria era in preda ad una forte depressione ed era stata ricoverata in una clinica che era a monte della città. Credo che la chiamino Villa dei Tulipani o delle Ortensie … non so di preciso. L’onda arrivò sotto forma di poche notizie confuse. Il telefonino era quasi scarico. Maria lo senti squillare una volta e poi si spense. Gli psicofarmaci e la depressione la fecero rifugiare in un angolo tra due pareti, mentre tutto intorno a lei l’agitazione e la baraonda crescevano. Paola, la figlia, che a causa dell’onda ha perso il marito, il padre e il fratello, da quel giorno non riesce più a perdonarla per il torpore e l’apatia che l’inchiodarono per tutto il tempo al muro della clinica. Non riesco a biasimarla.
Io, quel giorno, mi trovavo in automobile e stavo andando città. Come al solito ero ossessionato dal pensiero di Caterina e dei suoi molteplici amanti. Mentre la mia autovettura scendeva verso la città, l’acqua arrivò a lambire le ruote e si fermò. Scesi e guardai il disastro mentre le acque si ritiravano dalla città. Pensai che, come quei moscerini schiacciati sul mio parabrezza, anche io avevo un destino unico e un ruolo in questo mondo. Mi grattai la testa e pensai che il diario di Caterina, con le storie di tutti i suoi amanti e del vero motivo per cui mi aveva lasciato, galleggiava da qualche parte insieme al cadavere di mio padre.

C’erano molti bambini che piangevano nelle strade e poco tempo da perdere.

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