venerdì 24 agosto 2007

Frammento

Avevo la testa tra le grandi cosce di Clara e, da un certo punto di vista, non mi ero mai sentito tanto a disagio come in quella occasione. Era come sprofondare in un gorgo, perdevo l’aria, soffocavo e avevo una forte sensazione claustrofobica, temendo che lei potesse stringere le gambe improvvisamente, per uno spasmo dovuto all’orgasmo, e soffocarmi. Alzai la testa e la guardai. Lei mi disse: “perché ti fermi?”. Io risposi mentendo: “mi stai facendo impazzire, voglio scoparti!”. Le salì addosso e infilai il mio pene dentro di lei. Lei con aria un po’ delusa accettò la cosa, e, dopo un po’ si mise a ridere sonoramente. “Rido sempre quando vengo”, mi disse, “non ti preoccupare”. Alla fine si alzò dal lettino e si sdraiò su un divano. La sentì singhiozzare per un po’ e io allora mi avvicinai chiedendomi cosa avesse. Lei si girò di scatto verso di me e chiese: “Sono tanto brutta allora?” Due menzogne nella stessa sera non le posso dire. Non risposi. Alla fine riuscimmo a dormire qualche ora quella notte.

Tornai da Napoli molto confuso. Ero riuscito a scopare Clara e la cosa, ad un certo punto, non mi era sembrata poi così facile da realizzare; pensavo che avrei fallito miseramente e invece c’ero riuscito, pur avendola ferita. Tutta la vicenda però mi aveva fatto riflettere e, senza dubbio, aveva costituito un duro colpo per la mia immagine interna di persona buona.

Avevo sempre pensato che la bellezza non avrebbe avuto così tanta importanza e che, alla fin fine, avrei potuto innamorarmi benissimo, allo stesso modo, della più bella delle modelle come della più brutta e grassa delle donne. Era qualcosa che aveva a che fare con la poesia: quando si legge una poesia si dimentica che la realtà è molto più ruvida e tagliente del puro sentimento e che noi facciamo parte della realtà e non del sentimento.

A Villa scesi dal treno e salì sul traghetto a piedi. L’aria di mare mi aiutava a dimenticare quanto mi sentissi cattivo e reale.

Nessun commento: