domenica 11 novembre 2007

Kaizen

Questo concetto economico dei giapponesi mi interessa molto. Forse perché la parola è bella ed esotica (quanto è strana la mente umana... i suoni, le parole possono spingerti a vedere una cosa piuttosto che un'altra)
Si tratta di fare le cose passo dopo passo, tendendo al miglioramento continuo del processo produttivo, accogliendo i suggerimenti dei lavoratori, eliminando sempre di più gli sprechi, aumentando via via la qualità del prodotto finito.
In questo modo si evitano, o si riducono quanto più è possibile, le continue rivoluzioni che carettarizzano tanto il nostro modo di vedere le cose: tutto sbagliato e tutto da rifare, che intanto tutto poi resta com'era.
Forse mi scopro conservatore nel fascino che esercita su di me questo concetto. Pazienza: nessuno è perfetto, ma neanche i rivoluzionari che si illudono di cambiare il mondo lasciando morti e feriti per la strada lo sono. Mi piacerebbe che la società cambiasse recuperando quello che c'è da recuperare e salvando tutte le cose buone che pure devono essersi nascoste nelle pieghe del momento.

2 commenti:

Dario ha detto...

Il principio mi pare giusto, la sua attuazione difficile. Tutto parte da una condivisione (degli obiettivi, dei passaggi) che coinvolga tutti gli attori del cambiamento; è possibile tale condivisione su una scala nazionale e internazionale o è solo realizzabile su , virtuosi e utili, microprogetti? E questi ultimi possono convivere con ciò che sta loro attorno o rappresentano semplici , felici, oasi destinate al deserto?

Il cane di Jack ha detto...

La tua osservazione mi fa venire in mente una cosa che ho sempre pensato sulle organizzazioni burocratiche, specie quelle pubbliche. C'è una velocità del sistema da cui non possono prescindere i suoi singoli elementi. Nel senso che gran parte del lavoro e delle capacità vengono sprecati perché poi ci sono i completamente incapaci e le sacche di fannulloni, che costituiscono dei veri e propri colli di bottiglia. Tuttavia penso anche che i virtuosi e utili microprogetti di cui parli, se raggiungessero una certa massa critica, potrebbero instaurare un vero e proprio circolo virtuoso. Continuare, malgrado i propri limiti e gli ostacoli esterni, imho, è una questione di fede e di speranza...
Grazie per il commento, Amico!