giovedì 25 ottobre 2007

Una donna dietro al monitor (repost)

Riposto questa cosa di qualche anno fa, quando ancora spesso stavo dietro ICQ o a C6 alla ricerca di chissà che cosa. Però ho conosciuto qualcuno in rete e i sogni erotici non me li sono fatti mancare

(A D.B.)

Una donna dietro a un monitor. Conversandoci. Gentile. Di lei solo una piccola foto. Ma gli occhi interiori cominciano a vederla. Un corpo magro e fatto di linee morbide, fasciato da un vestito scuro. Un sorriso caldo. Musica e poesia.
Ho orecchie sterili alle note. Il cuore spesso refrattario alla poesia. Vorrei essere penetrato dalla poesia, ma non ho organi per questo e non riesco che a percepire l’amore che per essa Lei ha dentro. Forse è meglio così. Ma ha un amore abbastanza schivo. La mia mano immagina di scivolare sui suoi fianchi mentre batto sulla tastiera. E’ piacevole eccitarsi senza malizia, senza essersene resi conto. Poi mi accorgo e sento quella leggera pressione nei pantaloni. Sei donna, poetessa, e io t’ammiro, anche se in un modo che magari potrebbe offenderti, se te ne parlassi.
Così poi mentre si parla dell’ultimo libro di filosofia che ha letto o dell’ultima poesia che ha scritto mi lascio andare. Non avrò mai questa donna. E tuttavia il suo corpo aderisce al mio e viene spogliato dal mio desiderio - non so spiegarvi in che modo - dal mio desiderio - per così dire - innocente.
Io lo so che lei è qua vicino e che il tempo e lo spazio non esistono, o forse si, ma non come in realtà ci illudiamo.
E so che penetrarla sarà facile soprattutto perché né lei né io ne siamo esattamente e corporalmente consapevoli. Tuttavia siamo scrittori entrambi ed entrambi facciamo sempre del sesso sfrenato quando scriviamo, anche la lista della spesa. Questo faciliterà le cose. Le mani (di entrambi, ne sono sicuro) godono sulla tastiera come se ci accarezzassimo, come se io abbracciandola andassi a cercare con le dita “qualcosa” tra le cosce di lei. Nessuna telefonata ci darà tanto, solo il letto o la tastiera possono aiutarci. Ma il letto, sia pur necessario in certi casi ed a certe condizioni, ci darebbe l’esatta misura di glutei cellulitici, di peni non esattamente mastodontici, di denti ingialliti dal fumo, di seni e muscoli mollicci, di fiati non proprio odorosi e di altro.
E così la mia fantasia sfrenata ti immagina nuda, alta poco più di un metro e sessanta, un corpo ben fatto e materno, le tue mani sul mio petto nel dopo amore, la tua bocca nella mia bocca nel pre-amore, un letto piccolo che basta appena per due amanti stretti in un abbraccio o l'uno sul corpo dell'altra. Ti penetro con la mia potenza sognata e tu mi domini, guerriera, imprigionandomi fra le tue gambe, cavaliera, mentre sul monitor mi appaiono parole che dicono della tua dolce musica, della quale non sento la bellezza attraverso le mie orecchie sterili, ma sento il ritmo e il vigore attraverso quello del tuo corpo nudo.
Poi ti vengo di dietro mentre scrivi dell’ultima passeggiata che hai fatto nel boschetto vicino casa tua e, io, di altre cose del genere, delle mie corsette e del mio appartamento appena acquistato che vorrei farti vedere, e tu ti lasci dominare, lasciandomi illudere di essere potente e lo fai con dolcezza di fanciulla, che si è smarrita senza essere triste.
E nodi di sguardi che si sciolgono a volte nel serrarsi delle palpebre, ma si ricongiungono subito appena il piacere si attenua un poco e gli occhi possono riaprirsi senza sforzo eccessivo.
E poi ti do il mio seme. Lo faccio scorrere dentro di te, in cerca di te, ancora più profondamente di quanto tu sappia.
E mentre ci salutiamo per la notte mi perdo in un mondo altro, in cui sono mischiati televisione, fantasia ed eventi non avvenuti: alla nascita di nostro figlio, a me ubriaco in qualche buco di locale nella notte, che faccio il poliziotto in una città americana, figlio di delinquenti, eroe convertito al bene, col cappello in testa e la sigaretta eternamente in bocca, e a te maestrina con i capelli neri e corti, insegnante di un quartiere malfamato di una città del sud d’Italia, coraggiosa e sveglia e napoletana, che insegni al nostro bimbo che è figlio di una notte d’estate in cui tu soffrivi terribilmente il caldo e io, terribilmente, la perdita di un amore.

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